-Articolo scritto da Barbara Damiano, autrice del blog Mammafelice–
Quando ho prospettato a Giulia l’idea di fare una mini guida sull’abbigliamento per persone grasse o con corpi non conformi, mi sono inizialmente concentrata su una lista di brand o di negozi online che soddisfavano questa richiesta.
Poi ho capito che questo era un post ‘politico’: una meravigliosa opportunità per dare qualche ispirazione ad approfondire il vastissimo tema della body positivity, senza pregiudizi.
Quindi prima della guida sull’abbigliamento, c’è una lunga premessa sui corpi grassi, sorry.
Metto qui un Trigger Warning, perché da qui in poi leggerete cose ‘che fanno male’ o che possono disturbare.
Io sono una persona grassa. Ma non è così che mi presento nella vita reale, perché il mio corpo non è altro che una parte di me. Eppure, spesso devo ricordarmi di essere una persona grassa, perché devo pensare all’accessibilità dei luoghi in cui vado. Così come una persona con disabilità deve continuamente informarsi se un luogo è accessibile (ovvero se esistono rampe, ascensori, bagni accessibili), anche le persone grasse devono esercitare un continuo controllo sull’ambiente circostante.
Tanto per fare qualche esempio: prima di parlare a una conferenza o di andare in un locale a divertirmi, devo accertarmi che le poltrone o le sedie mi contengano, o siano abbastanza
solide per reggere il mio peso; prima di prenotare una vacanza devo accertarmi che il bagno della camera d’albergo non sia minuscolo e che la doccia sia sufficientemente ampia. E così via.
Ma come hai fatto a ridurti così?
Io lo so che questa domanda è ‘naturale’ (lo metto tra virgolette, perché non lo è, ma lo vediamo dopo insieme) e che molte persone hanno bisogno di sapere che io – come altre – sono diventata grassa per un motivo grave. Una malattia, un trauma. Non voglia il Cielo che una persona grassa un giorno dica: perché mi piace essere grassa – perché la società non potrebbe accettarlo. Sì, sono grassa perché ho subito violenze terribili e, dopo l’ennesimo abuso sessuale, inconsciamente ho usato il grasso come una barriera, un ‘repellente’, per non essere più abusata. Ed è iniziata così. Ma questo non mi rende più valida di altre persone!
Ma perché non dimagrisci, non fai sport, non fai una dieta?
Diventare una persona grassa è un processo, un percorso. Per ingrassare mi ci sono voluti 30 anni, un chilo alla volta. Per perdere questo peso – se io volessi perderlo – quanti anni occorrerebbero? Probabilmente il doppio.
Perdere peso non è come schioccare le dita. Non basta ‘chiudere la bocca’ e salire su un tapis roulant. Anzi, a dirla tutta, si chiede alle persone grasse di fare spot per perdere peso,
ma – guarda un po’ – non si pensa che non esistono taglie inclusive di abbigliamento sportivo, né attrezzi da ginnastica adatti alle persone che superano un certo peso.
Banalmente, una cyclette con un costo accessibile, non può di media essere usata da persone che superano i 90-100 chili. E nemmeno le bilance casalinghe, a dirla tutta.
Le persone grasse hanno già provato le diete, tutte. E ogni dieta che non sia un percorso che tiene conto non solo dell’alimentazione, ma del corpo nella sua interezza, quindi anche
dell’anima e della salute mentale, è un percorso destinato a fallire. Persino per accedere a interventi bariatrici, bisogna prima dimagrire (e fallire).
[Se volete saperne di più su diete, grassofobia e e DCA, potete recuperare la live di Giulia con Edoardo Mocini, e seguirlo su Instagram: ascoltandolo con costanza, potrete
comprendere quali meccanismi non funzionano nelle diete. Vi invito anche a leggere questa intervista: Grassofobia e stigmatizzazione dei corpi.]
Noi paghiamo le tasse per te!
Sì, e io le pago per voi. Il nostro Paese funziona così: è uno Stato sociale (più o meno), dove ciascuna e ciascuno di noi paga le tasse per sé e per le altre persone. Paghiamo le tasse
per gli asili nido anche se non siamo genitori; paghiamo le tasse per le persone con disabilità anche se siamo abili; paghiamo le tasse per chi fuma, anche se non fumiamo;
paghiamo le tasse per la sanità pubblica, le pensioni. Tanto per dire, esistono tasse su tutto: sui gradini, sui funghi, sulla bonifica delle paludi, sui defunti. Se cercate su Google le tasse più assurde, passerete qualche minuto di divertimento (o forse no).
[Lo stato sociale italiano (o del welfare o del benessere) è l’insieme delle politiche pubbliche che proteggono i cittadini nei confronti di bisogni e rischi quali la nascita, la malattia, la
vecchiaia, gli infortuni, la disabilità, la disoccupazione, ovvero l’insieme delle politiche sociali. Fonte: Wikipedia]
La body positivity inneggia all’obesità!
Io sono solo una persona grassa, non sono il manifesto della body positivity, né sono un’attivista. Ma posso dirvi con certezza che no, la body positivity non inneggia all’obesità
(termine che non usiamo, perché fortemente stigmatizzante, che richiama una condizione di medicalizzazione).
La body positivity semplicemente dice due cose:
1. Ogni corpo è valido: tutte e tutti noi abbiamo diritto di esistere, di essere felici, di raggiungere i nostri obiettivi e di occupare un posto nel mondo
2. Togliamo i corpi dalla conversazione: parliamo delle persone e delle loro azioni, invece di continuare a giudicare ed esaminare il corpo delle persone, soprattutto delle donne, per
screditarle e relegarle a ruoli di minor potere.
La grassofobia in Italia è talmente radicata, che anche in ambito medico le persone grasse sono discriminate: io stessa per ottenere la diagnosi di una malattia auto immune
estremamente invalidante (che no, non c’entra con il peso – ma anche fosse, la renderebbe meno valida?), ci ho impiegato due anni e mezzo, perché ogni volta, sia nel pubblico che nel privato, medici e mediche rifiutavano di visitarmi approfonditamente, dicendomi: Signora, deve dimagrire.
Ah ok, meno male che me lo hai detto, bro.
Per esempio, lo sapete che secondo studi recenti, molte donne grasse rifiutano di sottoporsi a esami medici, per la paura dello stigma di medici e mediche? Molte ragazze non vanno
dalla ginecologa, non fanno esami senologici, ecografie e pap test, mettendo a rischio la loro esistenza.
[Per approfondire il discorso, vi invito a seguire le persone che ne parlano con cognizione di causa. La mia selezione, assolutamente parziale: Belle di faccia, Evastaizitta, Farewell,
Dalila Bagnuli e Sofia Righetti e Marina Cuollo sul tema delle persone disabili o con corpi non conformi. In particolare, vi invito a leggere l’intervista a Giulia Paganelli aka Evastaizitta: Corpi Ribelli]
Il mio corpo è un tempio.
Io amo il mio corpo e lo trovo bello. È il corpo che mi ha permesso di vivere fino a qui, il corpo che mi ha permesso di diventare madre, il corpo con cui amo e sono amata.
È il corpo in cui ho imparato a essere felice. In questo corpo io studio, piango, rido, lavoro, pago le tasse della stramaledetta P IVA, mi commuovo, imparo. Con questo corpo ho
imparato a essere gentile con le persone, a praticare l’empatia, a fare volontariato. Con questo corpo ho anche imparato a resistere, a riposare, a non dovermi ammazzare di fatica
per scusarmi di esistere.
Posso essere grassa e felice, come dice Sofie Hagen in questo TEDx:
È il capitalismo, baby.
Io non mangio hamburger perché seguo un’alimentazione vegetale (ingiuria! una persona grassa vegana!), ma il succo è lo stesso.
Ogni volta che, in particolare come donne, lasciamo che qualcuno giudichi e controlli il nostro corpo, stiamo cedendo il nostro potere. Il potere di eccellere, ma anche di far schifo.
Il potere politico, aziendale, sociale: il potere di rivestire cariche importanti e guadagnare tanto.
A Giulia piace essere ‘liscia come un delfino’, a Leandra Medine Cohen no: questo rende meno valido il corpo di una delle due? No.
Come diceva Giulia qualche giorno fa nelle sue storie: Siamo nel 2022, sconvolgiamoci per altre cose.
E come dice Andrea Batilla: smettiamola di dividere il corpo delle donne in ‘contenitori del buono e cattivo gusto’.
Chi beneficia della nostra insicurezza, come donne?
Chi trae beneficio dal fatto che non ci piacciamo mai?
Chi diventerà ricco se spendo tutti i miei soldi per curare il mio aspetto fisico?
Chi occuperà il mio posto nella politica, lavoro o società, mentre io mi tengo impegnatadall’estetista?
(Probabilmente è un uomo bianco etero cis di 60+ anni a capo di una multinazionale).
Che non vuol dire che non dobbiamo più toglierci i baffi, se non ci piacciono. Ma semplicemente che è importante che diventiamo CONSAPEVOLI di noi stesse e del
mondo e non permettiamo al marketing di dirci chi siamo e chi vogliamo diventare.
La rappresentazione è importante.
Se ci fate caso, i corpi grassi sono scarsamente rappresentati. Conoscete una persona grassa che ammirate? A parte me, intendo 😛
Le persone grasse, nei film e nei libri, vengono rappresentate come pigre, bugiarde, infami, ridicole, poco serie. Suscitano ilarità e disgusto.
Tanto per fare due esempi noti: Lorelai e Rory Gilmore, in Una mamma per amica, mangiano quantità di cibo spazzatura improponibili, eppure sono rappresentate come
magrissime; Bridget Jones è rappresentata come una ragazza grassa e sfigata e invece ha un corpo perfettamente nella norma.
Più le persone vengono rappresentate, meno ci fanno paura. Questo è il punto.
ABBIGLIAMENTO DALLA TAGLIA 50 ALLA 70
Quando si parla di abbigliamento per corpi grassi, bisogna fare un distinguo: quanti tipi di corpi grassi esistono?
Perché, se è vero che ormai moltissimi brand creano collezioni che vanno fino alla 52, è altrettanto vero che oltre questa taglia l’inclusività sparisca in modo evidente.
Questo è importante sempre per esercitare la consapevolezza sul proprio privilegio: se troviamo la nostra taglia nei negozi fisici o nei negozi online, per quanto possa essere una
taglia meno comune, abbiamo comunque un privilegio maggiore rispetto a chi non la trova.
Un privilegio che si traduce anche in accesso: se non trovo un abbigliamento per me, come potrò ottenere quel lavoro? Tanto per dirne una.
Per questo tendenzialmente possiamo distinguere in: small fat e medium fat, le cui taglie si trovano abbastanza facilmente nei negozi, e in superfat e infinifat, che invece tendono
letteralmente a scomparire e a non essere rappresentate.
Lo spiega bene Giulia Paganelli su IG: Fact spectrum in poche parole.
Di seguito, un approfondimento sui marchi che offrono abbigliamento superfat e infinifat, e poi una lista dei brand o siti che offrono taglie small e mid fat.
BONPRIX
bonprix.it
In Italia il primo negozio ad aver introdotto le taglie fino alla 60 è stato Bonprix, un’azienda di moda tedesca che già 20 anni fa vendeva tramite catalogo cartaceo e poi si è evoluta online. È stato il primo sito in cui non solo si trovavano taglie grandi, ma anche in materiali sostenibili (cotone, non tutto poliestere) e con modelli più ‘giovani’.
Posto il fatto che il termine ‘giovanile’ purtroppo ricorre in tutta la moda ‘taglia forte’, proprio a significare il fatto che se sei grassa sei anche un po’ vecchia? Boh.
La cosa che a suo tempo fece scalpore, era che il prezzo era lo stesso per tutte le taglie: infatti fino ad allora i prezzi dei vestiti cambiavano, salendo di taglia.
Non potrei definirla MODA: sono vestiti da indossare tutti i giorni, per sentirsi comode e belle. Ogni tanto c’è qualche chicca, come l’abbigliamento da cerimonia, quello sportivo, i
costumi da bagno. La cosa interessante di Bonprix è la community che si è sviluppata intorno al sito. Siccome trovare taglie grandi è veramente difficile, sul sito ci sono moltissime recensioni che aiutano le altre persone a scegliere il modello, capire come veste, ecc…
Altra cosa molto importante per le persone grasse: Bonprix non solo spiega la vestibilità del capo (morbido, attillato..), ma ne indica anche la lunghezza.
Cosa fondamentale ad esempio per maglie e abiti, che altrimenti risulterebbero molto corti davanti, su alcuni corpi.
ULLA POPKEN
ullapopken.it
Da qualche mese si sta imponendo in Italia questo sito, sempre tedesco, che è MOLTO più inclusivo, infatti arriva oltre la taglia 70.
Ha modelli più strutturati, più ‘moda’ (intesa sempre come moda per persone grasse, non come moda di cui parla Giulia, ecco 😛 ). È più costoso, quindi in realtà si presta a un’altra marginalizzazione: spesso le persone con corpi non conformi hanno anche meno accesso a lavori ben retribuiti (ci sono le statistiche),
e quindi hanno meno potere di acquisto. Ma obiettivamente ha aperto grandi possibilità alle persone grasse in Italia e spero possa aprire la strada ad altri negozi online più inclusivi.
BETTY CONCEPT
bettyconcept.com
Betty è una imprenditrice italo-vietnamita che ha aperto un negozio fisico e poi online, in cui crea abiti su misura. È mostruosa: ha un talento incredibile per misurare le persone con lo sguardo e ha fatto felici tante persone che non si sono mai sentite a proprio agio nei capi di abbigliamento. Il suo messaggio è che il vestito si deve adattare al corpo, e non viceversa. Questo per le persone grasse è importante perché ci sono mille particolari che le persone non-grasse non sanno, rispetto alla vestibilità.
Per esempio che lo scollo va modificato, per coprire meglio il gibbo sul collo. O che la maglia deve essere più lunga davanti che dietro, per non restare sollevata.
O che la larghezza delle braccia deve essere particolare, altrimenti stringe. I suoi abiti, in pratica, sono su misura: si sceglie il capo, lo si personalizza per colore,
lunghezza e manica, e poi si comunicano le proprie misure attraverso il sito. Una volta ricevuto l’abito, se ci sono modifiche da fare (evento rarissimo), lo si può rimandare indietro a spese del negozio, per riaverlo indietro che calzi alla perfezione. Posso dire che questo dovrebbe essere il futuro?
Siti online con abbigliamento per corpi small e mid fat:
Marina Rinaldi
Elena Mirò
Fiorella Rubino
Luisa Viola
Zalando Curvy
ASOS
Violeta by Mango
Intrend ex Diffusione Tessile
H&M
La Redoute
Kiabi
OVS
Shein (mi rifiuto di linkarlo)
Come vediamo, si va sempre più sul fast fashion, cosa che rende praticamente impossibile alle persone grasse permettersi una scelta ecologica sostenibile, o tanto meno puntare su
vintage e second hand.
Completamente fuori campionato, io inserirei in questa lista anche KILLSTAR, negozio online londinese (che dopo la Brexit ha aperto uno store anche in territorio UE), per persone goth. Secondo me le sue immagini e la sua filosofia sono VERA inclusione unisex: troviamo rappresentate persone di tutti i colori, con corpi grassi, con disabilità, persone trans, nere, albine, con la vitiligine. Se mi chiedete come dovrebbe essere la moda inclusiva del futuro, vi dico, così (al di là del gusto, ovvio). Non sarebbe bellissimo?
Infine, una menzione d’onore a THINX, che è stato il primo brand a creare mutande assorbenti per persone con le mestruazioni, e lo ha fatto in tutte le taglie.
***
Altri consigli per abbigliamento small e mid fat, ci vengono da alcuni articoli e liste create in
questi anni da blogger e influencer:
Miria Benotti di Pluskawai
Alessandra Castagner di Verdementa
Camilla Mendini di Carotilla
E io? Ecco i miei capi di abbigliamento preferiti, in quanto donna grassa.
Cristiana
03/05/2023 alle 2:55 PMleggendo l’articolo, per altro molto esaustivo, ho trovato oltremodo sgradevole la parola “grasse”.
In un mondo dove tutto è diventato spesso assurdamente, politically correct, sarebbe il caso di appellare, le persone in forte sovrappeso, con altri termini meno svilenti. Lo sappiamo anche noi di essere, come dice lei, “grasse”… ma sentirselo dire è uno schiaffo.
sarah
24/03/2022 alle 6:07 PMCiao, sto aiutando un’amica nella scelta di un’abito per una cerimonia, magari un completo con blazer ma non ne vuole sapere di acquistare su internet perchè non avrebbe tempo per i resi e le sue misure sono piuttosto particolari quindi il rischio che il capo non le vada è giustamente molto alto. Conosci anche negozi fisici dove poter andare e dove possa provarli di persona? (lombardia) grz
rockandfiocc
31/03/2022 alle 12:42 PMper il range di taglia di questo articolo? purtroppo no