Ho appena finito di ascoltare il podcast di Michela Murgia su Elsa Schiaparelli e di vedere questo video uscito su Vogue

 

quindi eccomi ad aggiornare questo articolo, uscito sul blog nel 2009.

L’aragosta era un simbolo caro a Dalì e ritornava spesso nei suoi lavori: l’artista pensava infatti che questo oggetto potesse rivelare i segreti dell’inconscio e che avesse una forte connotazione sessuale (“Come le aragoste, le ragazze hanno un aspetto delizioso. Come le aragoste, diventano rosse quando le prepari a mangiare”). Era così ossessionato da tutto il mondo sottomarino che per la fiera mondiale del 1939 creò una vera e propria esperienza, intitolata ” The Dream of Venus“, che consisteva nel vestire modelle nude di crostacei veri, un evento fotografato da Horst P. Horst e George Platt Lynes. Un’aragosta venne usata dall’artista per coprire le parti intime delle donne.

 

Nel 1935 Dalí fu incaricato dalla rivista American Weekly di eseguire una serie di disegni basati sulle sue impressioni sulla città di New York. A un disegno fu stata data la didascalia “Sogno di New Yorkk – l’uomo trova l’aragosta al posto del telefono”. Nel Dictionnaire Abrégé du Surréalisme del 1938 Dalí contribuì con una voce, “Téléphone aphrodisiaque”, accompagnata da un piccolo disegno di un telefono, il cui ricevitore era sostituito da un’aragosta circondata da mosche.

Un disegno simile è stampato in La vita segreta di Salvador Dalí, eccolo:

Nel famoso Lobster Telephone del 1936, la coda dell’aragosta (cioè dove sono situati gli organi sessuali dell’animale) poggia dove la bocca dell’uomo deve parlare. Il telefono fu realizzato da Dalì per Edward James, un collezionista, e realizzato ad Anversa.

Nella primavera del 1937, la stilista Elsa Schiaparelli chiese a Dalì di disegnare un’aragosta per un abito da sera in organza bianco della sua casa di moda, grazie al quale entrò di diritto nel movimento surrealista. Il motivo che Dalì disegnò per “Schiap” era destinato ad attirare l’attenzione: un’enorme aragosta rosso sangue fu infatti cucita sulla parte anteriore di un abito bianco, proprio tra le cosce. Con questa nuova visione apertamente sessuale del vestito bianco, tradizionalmente legato al tema del matrimonio e alla presunta verginità della sposa, Schiaparelli sfidò apertamente la nozione di buon gusto dell’epoca.

Ecco l’abito indossato da Wallis Simpson e fotografato da Cecil Beaton per l’edizione di Vogue del 1935. Beaton scattò quasi 100 foto di questo abito e Vogue gli dedicò ben 8 pagine.
L’abito è stato ripreso dalla recentemente dal creative director della rinata casa di moda Schiaparelli, Bertrand Guyon, nella sfilata della collezione Primavera/Estate 2017
E il motivo dell’aragosta si è visto molte altre volte nel mondo della moda: qui Anna Wintour in Prada, al Met Gala del 2012 dal tema Schiaparelli And Prada: Impossible Conversations

 

Anche Isabella Blow era grande fan del crostaceo: in queste famosissime foto indossa una collana di Svarowski disegnata da Erik Halley

Mentre nel 1998 si presentò ad una sfilata con un cappello dell’amico Philip Treacy su cui campeggiava un’aragosta (o qualcosa di simile?) rosa

 

E nemmeno il mondo della musica è rimasto indifferente: qui Roisin Murphy su una pubblicità del 2008

 

E Lady Gaga nel 2008, con una rivisitazione del cappello di Philip Treacy

 

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2 Commenti

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  1. Lucia

    27/04/2020 alle 11:59 AM

    Non so quali siano le parole francesi per “aragosta” e “astice”, in inglese si chiamano entrambe “lobster” ed è una cosa che mi fa uscire di testa, probabilmente questo ha portato nel tempo a moltissime traduzioni errate. Il famoso Lobster dress rappresenta un astice, non un aragosta, così come sono astici quasi tutti crostacei rappresentati in queste foto, l’unica aragosta è il copricapo di Gaga. La differenza è nelle chele, l’astice ha le chele, l’aragosta no.

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